L’IA come thatcherismo algoritmico

L’IA come thatcherismo algoritmico

Questo articolo è stato scritto da Dan McQuillan e pubblicato il 21 dicembre 2023. Il testo fa alcuni riferimenti specifici al Regno Unito e al suo contesto socio-politico-economico ma, siccome la diffusione della cosiddetta intelligenza artificiale sta avvenendo più o meno con le stesse modalità a livello globale, mi è sembrato interessante tradurlo per il pubblico italiano, perché l’articolo offre molti spunti critici di riflessione su un tema di grande attualità. Ho quindi chiesto il permesso all’autore di tradurre il testo e pubblicarlo qui. Per la traduzione (anche per esigenze di velocità) mi sono servito di Deepl Pro e ho aggiunto un sostanzioso lavoro di post-edizione per migliorare il risultato.

Si è tentati di considerare il recente vertice internazionale sulla sicurezza dell’IA come un buco nell’acqua, preannunciato da un decreto esecutivo sull’IA emanato dalla Casa Bianca e ampiamente criticato dalla società civile per aver escluso tutti, tranne i dirigenti del settore tecnologico. Purtroppo, nessuno dei discorsi odierni va al cuore del problema: l’IA è già un flop e siamo stati ingannati da una miscela di programmi aziendali e ideologici che distruggeranno i servizi pubblici e aumenteranno le divisioni sociali.

L’IA può eseguire alcuni notevoli trucchetti, ma è inadatta a risolvere problemi gravi nel mondo reale. Questo vale per l’IA predittiva, le cui correlazioni sono teorie del complotto alimentate dai dati, e per i modelli linguistici di grandi dimensioni come ChatGPT, il cui blaterare che sembra plausibile cerca sempre di svincolarsi dai fatti. Il vero problema non è solo il fatto che l’IA non funziona come pubblicizzato, ma anche l’impatto che avrà prima che ciò diventi dolorosamente evidente a tutti. L’IA viene usata come una forma di “shock doctrine“, in cui il senso di necessità generato da una tecnologia che si presume possa trasformare il mondo viene usato come un’opportunità per trasformare i sistemi sociali senza un dibattito democratico.

Di fronte a strutture sociali le cui fondamenta sono state divorate da decenni di privatizzazioni e austerità, la risposta politica è quella di pompare denaro nell'”IA di avanguardia”, reclamizzandola come la tecnologia più sorprendente dai tempi del Progetto Manhattan. Il Primo Ministro britannico dice che sfrutterà “l’incredibile potenziale dell’IA per trasformare i nostri ospedali e le nostre scuole”, mentre ignora le infiltrazioni dai tetti nel servizio sanitario nazionale e i soffitti che crollano nelle scuole locali. Questa attenzione alle fantasie immateriali dell’IA è un diversivo deliberato. Quando si pubblicizzano modelli linguistici di grandi dimensioni che superano gli esami di base di medicina, è perché hanno acquisito risposte prese da internet. Non sono in grado di comprendere in modo situato e di avere il buon senso che è alla base della medicina, dell’istruzione o di qualsiasi altra forma di assistenza.

Una cosa che questi modelli di sicuro fanno è trasferire il controllo nelle mani delle grandi aziende. La potenza di calcolo e la quantità di dati richiesti sono così incommensurabilmente grandi che pochissime aziende al mondo hanno i mezzi per addestrarli. Promuovere ovunque modelli linguistici di grandi dimensioni significa fingere di far sparire la privatizzazione per farla rientrare dalla finestra. Le prove disponibili finora suggeriscono che ciò sarà accompagnato dalla perdita di molti posti di lavoro, in quanto i datori di lavoro useranno la scadente emulazione di compiti reali da parte dell’IA come scusa per ridurre la propria forza lavoro. L’obiettivo non è quello di “sostenere” gli insegnanti e gli operatori sanitari, ma di colmare le lacune con l’IA invece che con il personale e le risorse che sono estremamente necessari.

La vera IA non è fantascienza, ma precarizzazione dei posti di lavoro, continua privatizzazione di tutto e cancellazione delle relazioni sociali reali. L’IA è il thatcherismo in forma computazionale. Come la stessa Thatcher, l’IA del mondo reale aumenta la ferocia burocratica nei confronti dei più vulnerabili. Caso dopo caso, dall’Australia ai Paesi Bassi, è stato dimostrato che l’apprendimento automatico nei sistemi di welfare amplifica l’ingiustizia e la punizione di chi è povero. L’IA non offre approfondimenti, perché è solo un gigantesco gioco di indovinelli statistici. Ciò che fa è amplificare la mancanza di riflessione, di interesse e l’allontanamento dalle conseguenze reali. Le logiche di classificazione e superiorità sono profondamente radicate nella struttura dell’intelligenza artificiale; sposata con la politica populista, l’IA diventa un altro vettore per decidere chi è sacrificabile.

Ma che dire di tutte le potenziali “IA per il bene”? Dovremmo abbandonare tutte le speranze solo perché l’IA ha questo lato oscuro? Il problema della ricchezza promessa dall’IA è che, come un miraggio, inizia a svanire quanto più ci si avvicina. La promessa capacità di generalizzazione dal calcolo alla complessità mutevole della nostra esperienza di vita non sembra mai essere davvero convincente. Ciò che viene messo a fuoco sono invece le condizioni materiali dell’IA. Grazie al suo insaziabile appetito per i dati, l’IA attuale è antieconomica senza una forza lavoro globale in outsourcing che etichetti i dati ed elimini le parti tossiche, il tutto per pochi dollari al giorno. Come l’industria del fast fashion, l’IA è sostenuta da manodopera in nero. Ma soprattutto, l’IA è una tecnologia molto fisica: consiste in vasti data center e server, pieni di computer che bruciano energia e generano calore. Questi magazzini su larga scala assorbono grandi quantità di acqua per il raffreddamento, impoverendo le comunità e le ecologie che hanno la sfortuna di ospitarli.

Non dovremmo opporci a questa versione gigantesca e che emette carbonio del Thatcherismo automatizzato prima che le sia permesso di distruggere i servizi pubblici che ci sono rimasti? Si potrebbe essere tentati di aspettare una vittoria dei laburisti alle prossime elezioni; dopo tutto, affermano di difendere le tutele del posto di lavoro e il contratto sociale. Sfortunatamente, è improbabile che limitino l’IA; semmai, il contrario. Sotto l’influenza maligna di convinti sostenitori come il Tony Blair Institute, la cui visione dell’IA è una sorta di cambio di regime tecnocratico globale, il partito laburista sta sostenendo l’IA come motore di rigenerazione. Sembra che a fermare la megamacchina saranno i semplici lavoratori e le comunità. Dov’è Ned Ludd quando serve?

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